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Greenpeace blocca il nuovo round di trattative su TTIP

Greenpeace blocca il nuovo round di trattative su TTIP. Attivisti di Greenpeace hanno bloccato questa mattina, 22 febbraio 2016, l’accesso al centro conferenze dove sino al prossimo 27 febbraio è previsto un nuovo round di trattative a porte chiuse tra Stati Uniti e Unione europea sul TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), il Partenariato Transatlantico su Commercio ed Investimenti. Trenta attivisti si sono incatenati all’ingresso del palazzo in cui si terranno le negoziazioni, mentre alcuni climber hanno aperto sulla facciata dell’edificio un grande banner che raffigura il TTIP come una strada senza uscita, un vicolo cieco per l’Europa.

Secondo l’organizzazione ambientalista il TTIP è una minaccia per la democrazia, la protezione dell’ambiente, gli standard di sicurezza sulla salute, le condizioni dei lavoratori, a tutto vantaggio delle multinazionali, a cui verrebbe dato un potere senza precedenti.

«Questo accordo non riguarda il commercio, bensì il trasferimento di potere decisionale dalle persone alle grandi multinazionali», afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile e Progetti Speciali di Greenpeace Italia. «Quelle che la Commissione europea chiama barriere al commercio sono di fatto misure di sicurezza che tengono lontani OGM e pesticidi dal cibo che mangiamo e le sostanze tossiche dall’aria che respiriamo. Le negoziazioni a porte chiuse di questi giorni vorrebbero indebolire questi standard di sicurezza e massimizzare il profitto delle multinazionali, non importa con quali costi per persone e ambiente. È nostra responsabilità denunciare tutto questo e dare voce ai milioni di persone che si oppongono al TTIP».

Negoziatori della Commissione Europea e del dipartimento del commercio degli Stati Uniti hanno in programma cinque giorni di trattative su un particolare e controverso aspetto del TTIP, che permetterebbe a investitori stranieri di sfidare le norme che difendono cittadini e ambiente, anche per aspetti come il cibo, l’inquinamento chimico e l’energia. Lo schema proposto dalla Commissione – conosciuto come Investment Court System (ICS) – darebbe a una “Corte di Investimenti” priorità rispetto ai Paesi per difendere interessi privati degli investitori. L’ICS potrebbe:

· istituire un sistema giudiziario privilegiato che consentirebbe alle multinazionali di bypassare le corti nazionali;

· consentire ai giudici dell’ICS, che non sarebbero assegnati permanentemente a questa corte, di poter accettare incarichi dalle aziende private, sollevando serie preoccupazioni su possibili conflitti di interessi;

· consentire trattamenti preferenziali per aziende straniere rispetto a quelle locali o nazionali;

· violare i principi democratici e il diritto dei governi ad adottare e applicare leggi;

· avere un effetto deterrente per le autorità pubbliche, scoraggiandole ad adottare e far rispettare norme di interesse pubblico, per paura di essere perseguiti.

«L’istituzione di una corte speciale a protezione dei profitti delle aziende private è una seria minaccia per la democrazia», dichiara Andrea Carta, consigliere legale di Greenpeace European Unit. «Quanto proposto dalla Commissione sarebbe a tutto svantaggio del commercio locale e minaccerebbe il diritto dei governi di adottare leggi a tutela dei cittadini e contro gli interessi delle multinazionali. Le stesse regole applicate per chiunque altro devono valere anche per queste ultime», conclude Carta.

L’obiettivo del TTIP è quello di abbattere le cosiddette barriere al commercio tra Stati Uniti e Unione europea, e proteggere gli investimenti esteri prima di ogni altra cosa. Con tariffe sul commercio transatlantico già molto basse, il focus delle trattative è rimuovere quelle barriere “non tariffarie” da leggi e regolamentazioni in quasi tutti i settori dell’economia, dall’agricoltura all’industria tessile, dall’informatica al settore bancario.

Milioni di persone hanno già FIRMATO LA PETIZIONE per fermare questo accordo, scegliendo di difendere gli standard europei sulla sicurezza del cibo, l’uso di sostanze tossiche, l’assistenza sanitaria e i diritti dei lavoratori.

Link a petizione di Greenpeace per fermare il TTIP: http://www.greenpeace.org/italy/it/Cosa-puoi-fare-tu/partecipa/stop-ttip/

Approfondimento, domande e risposte sul TTIP (in inglese): http://www.greenpeace.org/eu-unit/Global/eu-unit/reports-briefings/2016/201602%20comprehensive%20QandA%20TTIP%20FINAL.pdf

Approfondimento sull’ICS (in inglese): http://www.greenpeace.org/eu-unit/en/Publications/2016/From-ISDS-to-ICS-A-leopard-cant-change-its-spots/

Fonte e foto: Greenpeace

No TTIP: diritti e ambiente non sono in vendita

 No TTIP: diritti e ambiente non sono in vendita. Il TTIP è un accordo sul libero scambio fra Europa e USA.Il TTIP è un negoziato pieno di lati oscuri che antepone gli interessi delle grandi multinazionali a quelli dei cittadini e che si sta svolgendo a porte chiuse. Nelle prossime settimane il Parlamento EU dovrà pronunciarsi sul TTIP: SCRIVI SUBITO ai Parlamentari europei e chiedi di BLOCCARE IL NEGOZIATO.

COS’È IL TTIP?

Il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership -Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti-) è una minaccia per la democrazia e per l’ambiente. È un trattato di libero scambio che l’Unione Europea è chiamata a concludere con gli Stati Uniti allo scopo di favorire il libero mercato. Il lato oscuro della medaglia è che in questo modo si antepongono gli interessi privati a quelli della collettività.

Il TTIP prevede anche un meccanismo di arbitrato con il quale le multinazionali potrebbero accusare gli Stati di intralciare il libero mercato, e i cittadini rischierebbero di dover pagare di tasca propria.

COSA RISCHIAMO?

Le nostre tavole potrebbero cambiare per sempre a causa della revisione di importanti norme europee di sicurezza alimentare (OGM, pesticidi, etichettatura dei prodotti). Aprendo le porte all’agricoltura industriale americana, il futuro dell’agricoltura sostenibile e dei piccoli coltivatori sarebbe in serio pericolo.

Nel nome del libero mercato, verrebbero favorite le attività energetiche legate alle fonti fossili e l’immissione sul mercato di sostanze chimiche per le quali non è stato ancora accertato il tasso di pericolosità.

Rischieresti di respirare aria meno pulita e mangiare cibi meno sicuri in nome del mercato?

Noi no! CHIEDI ORA ai parlamentari europei di BLOCCARE il TTIP.

Sacrificare i diritti dei cittadini e la tutela dell’ambiente in nome del libero mercato vuol dire privatizzare i profitti e scaricare tutti i rischi sulla collettività.

Dobbiamo entrare in azione ORA, prima che sia troppo tardi. Firma QUI e ferma il TTIP.

 

Fonte e foto: Greenpeace

 

Nuova legge europea concede a stati membri di vietare OGM ma…

 

I governi nazionali hanno concordato il testo di una nuova legge europea per concedere ai Paesi UE il diritto di vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio. Tuttavia, il testo concordato al termine di una lunga trattativa terminata a tarda notte a Bruxelles, non permette ai Paesi di utilizzare motivazioni di carattere ambientale per giustificare i bandi nazionali.

“Il Consiglio Ue dice di voler dare ai Paesi membri il diritto di vietare le colture transgeniche sul loro territorio, ma il testo concordato non dà ai governi solide basi legali per poterlo fare. I Paesi che vogliono bandire la coltivazione di OGM non potranno usare evidenze di danni ambientali. Questo li lascia esposti ad attacchi legali da parte dell’industria biotech” dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia.

Il testo concordato per vietare la coltivazione OGM è giuridicamente debole [1] e ignora le richieste del Parlamento europeo di ripristinare il diritto dei Paesi di utilizzare motivazioni di carattere ambientale per giustificare i bandi nazionali [2].

Il Parlamento Europeo dovrebbe approvare l’accordo a gennaio in una votazione in plenaria.

Note:

[1] Commento di Greenpeace sulla posizione del Consiglio Ambiente, 12 giugno 2014: http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/comunicati/Greenpeace-e-Slow-Food-laccordo-europeo-per-vietare-la-coltivazione-di-OGM-a-livello-nazionale-e-una-trappola/

[2] Voto in Commissione Ambiente del Parlamento europeo, 11 novembre 2014: http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/comunicati/Il-Parlamento-Ue-vota-per-dare-agli-stati-membri-il-diritto-di-vietare-la-coltivazione-ogm/

Fonte e foto: Greenpeace

 

Io leggo l'etichetta

"Io leggo l'etichetta" promuove una petizione contro l'entrata in vigore, 13 dicembre 2014,
delle nuove norme comunitarie sull’etichettatura, previste dal
regolamento UE n.1169/2011, che elimina l’indicazione dello stabilimento di produzione dalle etichette
e che, in parole povere, non ci consentirà più di capire
chi è il produttore.
La petizione promossa da “Io leggo l’etichetta” e firmata già da oltre 15.000 consumatori
è “Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione” .

Fino ad oggi in Italia grazie al D.lgs.109/1992 tale indicazione è stata
obbligatoria, ma in Europa e sulle etichette dei prodotti venduti in Italia e
provenienti dal resto d’Europa l’indicazione è già scomparsa! Dovremmo chiederci
tutti: Qual è la motivazione che ha portato il legislatore europeo a non ritenere
fondamentale far conoscere al consumatore la fabbrica in cui è elaborato un prodotto
finito?.

A nostro avviso (e a quanto pare non solo), quest’informazione è sì fondamentale,
perché? Bastano tre semplici e chiare parole per comprendere e sottolineare
l’importanza della norma italiana:
1. SALUTE: rintracciare lo stabilimento in caso di intossicazione;
2. SCELTA: il consumatore ha il diritto di scegliere ad esempio se privilegiare i
prodotti confezionati in Italia per favorire il mantenimento di posti di lavoro a
livello locale e contribuire alla lotta contro le delocalizzazioni. Se anche in
Italia prevarrà la “logica” delle multinazionali, potremo trovare sugli scaffali
alimenti con una forte caratterizzazione italiana ma prodotti altrove.
3. TUTELA: del consumatore, per i motivi di cui sopra e del made in Italy, troppo
spesso è vittima di truffe internazionali.

La petizione promossa da "Io leggo l'etichetta" si rivolge tanto al Governo Italiano,
con la richiesta di impegnarsi
affinché l’obbligo di indicare in maniera testuale l’indicazione dello stabilimento
di produzione rimanga, quanto al Parlamento Europeo per estendere tale obbligo.
Firmando possiamo TUTTI contribuire a far sì che questo accada e farci promotori di
un’Italia modello per i produttori e i consumatori di tutto il mondo.
Uno dei principi della permacultura è “pensa globalmente, agisci localmente”, questo
è il momento di metterlo in pratica!

firma QUI
(http://maninellaterra.us3.list-manage2.com/track/click?u=26c0942cbc75551dece61cb31&id=15a326e1eb&e=158c3b1dea)

Fonte: Mani nella Terra


Coldiretti: la classifica dei cibi più contaminati

 

La Coldiretti il 28 maggio 2014, dalle ore 09:00 a Napoli, al Teatro Partenope, ha presentato i cibi contaminati da sostanze chimiche pericolose provenienti dall’estero ed usati in preparazioni “Made in Italy”, dalla pasta alla pizza, dai sughi al pane, dimostrandone la pericolosità per la prima volta nel “minilaboratorio” allestito per l’occasione. All’appuntamento Coldiretti partecipano oltre diecimila agricoltori provenienti dalle diverse regioni d’Italia per sostenere per sostenere la qualità alimentare “Made in Italy” dal campo alla tavola.

L’appuntamento inizia con l’intervento del Presidente nazionale Roberto Moncalvo insieme a numerosi ospiti, dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina ai Governatori di diverse regioni, da Guido Barilla Presidente Barilla G. & R. Fratelli S.p.A. a Stefano Albertazzi, direttore generale Iper, dal procuratore Giancarlo Caselli presidente del comitato scientifico dell’ Osservatorio sulla Criminalità nell’Agroalimentare al presidente di Federconsumatori Rosario Trefiletti e molti altri rappresentanti del mondo economico, istituzionale e della cultura.

Sarà presentato il dossier 2014 sulla “Crisi nel piatto degli italiani” della Coldiretti con analisi, tendenze ed indagini effettuate con il supporto della società Ixe’ di Roberto Weber sui comportamenti dei consumatori ma sarà anche aperta una “mostra-laboratorio” per conoscere come sono cambiati i prodotti alimentari piu’ rappresentativi della dieta italiana nel tempo della crisi, con storiche innovazioni e pericolose furbizie.

Per aiutare a fare scelte di acquisto consapevoli per le tasche e le salute verrà aperta per l’occasione la prima esposizione sulla “Classifica dei cibi piu’ contaminati” sulla base della presenza di residui chimici irregolari.

Il prodotto alimentare più contaminato usato in preparazioni “Made in Italy” a basso costo è il peperoncino proveniente dal Vietnam, utilizzato nella preparazione di sughi tipici come l’arrabbiata, la diavola o la puttanesca piccante e per insaporire l’olio o per condire piatti senza alcuna informazione per i consumatori. Nel peperoncino proveniente dal Vietnam è stata trovata presenza in eccesso di difenoconazolo, di hexaconazolo e carbendazim che sono vietati in Italia sul peperoncino.

Un altro alimento pericoloso per la salute sono le lenticchie provenienti dalla Turchia che, secondo l’Efsa, sono irregolari in un caso su quattro (24,3 per cento) per residui chimici in eccesso e delle arance dall’Uruguay che presentano il 19 per cento dei campioni al di sopra dei limiti di legge per la presenza di pesticidi come imazalil, fenthion, e ortofenilfenolo vietati in Italia. Nella classifica dei prodotti piu’ contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono anche le melagrane dalla Turchia (40,5 per cento di irregolarità), i fichi dal Brasile (30,4 per cento di irregolarità) , l’ananas dal Ghana (15,6 per cento di irregolarità), le foglie di the dalla Cina (15,1 per cento di irregolarità) le cui importazioni nei primi due mesi del 2014 sono aumentate addirittura del 1.100 per cento, il riso dall’India (12,9 per cento di irregolarità) che con un quantitativo record di 38,5 milioni di chili nel 2013 è il prodotto a rischio più importato in Italia, i fagioli dal Kenia (10,8 per cento di irregolarità) ed i cachi da Israele (10,7 per cento di irregolarità).

LA CLASSIFICA DEI CIBI PIU’ CONTAMINATI

(prodotto, paese di provenienza, irregolarità in %)

Peperoncino, Vietnam, 61,5%

Melagrana, Turchia, 40,5%

Frutto della passione, Colombia, 25,0%

Lenticchie, Turchia, 24,3%

Arance, Uruguay, 19,0%

Ananas, Ghana, 15,6%

Foglie di Tè, Cina, 15,1%

Riso, India, 12,9&

Fagioli, Kenya, 10,8%

Cachi, Israele, 10,7%

Fonte e foto: Coldiretti

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Greenpeace e lo chef Antonello Colonna: A come ape. Un’agricoltura senza pesticidi è possibile

 

Roma,20.05.2014: Per tutelare i consumatori e l’ambiente e per superare l’attuale crisi degli impollinatori in Europa sono già diffuse pratiche di “Agricoltura Ecologica”. Questa è l’essenza di uno studio pubblicato da Greenpeace International – presentato oggi a Roma presso il ristorante Open Colonna (Roof garden Palazzo delle Esposizioni) – che integra ricerca scientifica e esperienza pratica di agricoltori e imprenditori che ormai applicano la moderna agricoltura sostenibile in tutta Europa. Durante la presentazione, lo chef Antonello Colonna ha presentato alcuni suoi piatti realizzati con ingredienti che dipendono dall’impollinazione delle api. Questi insetti infatti non si limitano a produrre miele, come molti pensano. Un terzo del cibo che mangiamo e la maggior parte della flora spontanea dipendono dalla loro opera di impollinazione.

Il rapporto e il video-progetto “A come ape. Un’agricoltura senza pesticidi è possibile”, evidenzia l’importanza delle api per la sicurezza alimentare a livello globale e fornisce una rassegna della letteratura scientifica sul controllo dei parassiti con metodi ecologici, dimostrando come l’uso e la pericolosità dei pesticidi chimici di sintesi in agricoltura sia ridondante. Greenpeace ha prodotto una serie di “casi studio” che evidenziando le esperienze di agricoltori, scienziati, istituti di ricerca e aziende di 10 Paesi europei. Gli esperti intervistati spiegano come l’attuazione di un’agricoltura ecologica non solo è fattibile ma è e in effetti l’unica soluzione per i sempre crescenti problemi connessi con il modello di agricoltura industriale.

“L’unica soluzione per contrastare il declino globale delle api e la crisi dell’agricoltura industriale è spostarsi verso l’agricoltura sostenibile. Agricoltori, ricercatori ed imprenditori hanno fatto passi importanti verso la protezione delle api e dei sistemi agricoli. Applicando metodi di coltivazione ecologici e amici delle api, questi pionieri assicurano la produzione di cibo sano, proteggono il suolo, l’acqua e il clima, promuovono la biodiversità e non contaminano l’ambiente con sostanze chimiche di sintesi o organismi geneticamente modificati. I politici devono ascoltare questi esperti che sono la prova vivente che un’agricoltura sostenibile in Europa è possibile.” – dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia.

Il progetto è parte di una campagna di Greenpeace per fermare il declino delle api e degli altri impollinatori. Declino che è un sintomo di un sistema agricolo industriale che ha fallito, basato su una crescente dipendenza da sostanze chimiche di sintesi e centrato sulla diffusione delle monocolture e quindi sulla dipendenza da poche multinazionali agrochimiche.

«L’Italia più di ogni altro Paese ha capitali di enorme valore – il suo cibo, la sua tradizione e sperimentazione culinaria – che dipendono dal lavoro svolto gratuitamente dagli insetti impollinatori. Chiunque voglia salvaguardare queste risorse cosi importanti per l’economia del nostro Paese deve tenere da conto il lavoro di questi insetti e proteggere la nostra agricoltura» commenta lo chef Antonello Colonna.

L’aumento della resistenza di parassiti e infestanti, la diminuzione della fertilità del suolo, la contaminazione delle acque, l’aumento delle emissioni di CO2, la maggiore vulnerabilità ai cambiamenti climatici, la perdita di diversità della produzione alimentare a livello globale ci spingono con sempre maggior forza verso un radicale cambiamento che tuteli e incrementi la biodiversità grazie all’adozione di pratiche agricole sostenibili.

Link:

Rapporto “A come Ape” www.greenpeace.org/italy/acomeape

Video casi studio http://salviamoleapi.org/soluzioni/

Rapporto “Api, il bottino avvelenato” http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2014/Api_il_bottino_avvelenato.pdf

Rapporto “Eden tossico” http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2014/Eden-tossico.pdf

Video Greenbees http://sos-bees.org/greenbees_it-it/

Video Robobees https://www.youtube.com/watch?v=x6p6b55J_PQ

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Fonte e foto: Greenpeace

 

Varare subito il decreto OGM

Il decreto interministeriale che vieta la coltivazione di mais OGM in Italia – firmato dopo tanti proclami dai Ministri De Girolamo, Lorenzin e Orlando il 12 luglio scorso – non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale quindi, in pratica, non esiste. Per ricordare al Governo l’urgenza di varare tale provvedimento Greenpeace pubblica oggi il briefing “MON810. Una storia di mais, farfalle e rischi inutili” [1], che riassume i principali rischi legati alla coltivazione del mais OGM della Monsanto.

 

“La firma del decreto doveva segnare la fine di un periodo di incertezza normativa e una riaffermata garanzia di tutela per consumatori e agricoltori. Purtroppo, si sta trasformando in una beffa nei confronti degli italiani – afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace – anche perché nel frattempo i due campi seminati con mais MON810 in Friuli stanno giungendo a fioritura. A quel punto sarà difficile arginare la contaminazione dell’ambiente e delle coltivazioni adiacenti”.

 

Il mais Bt, compreso il MON810, è un rischio evidente per l’ambiente e per i sistemi agricoli, non solo in Italia, ma in tutta Europa. L’adozione di misure d’emergenza per bloccarne la coltivazione nel nostro Paese è solo un primo passo. L’esperienza del mais Bt, e del MON810 in particolare, mostra che troppi “effetti indesiderati” sono stati scoperti dopo che le autorizzazioni sono state concesse. Gli OGM sono un rischio inutile e inaccettabile, non offrono vantaggi significativi a nessuno se non alle aziende che li brevettano.

 

“E’ incredibile e inaccettabile che, dopo aver traballato a lungo sotto l’evidente incombenza di una potentissima multinazionale straniera, il Governo italiano sia adesso bloccato e non si riesca a far pubblicare il Decreto. Chi vuole tutelare? Gli italiani, rappresentati all’unanimità dai parlamentari di Camera e Senato che hanno chiesto di bloccare la follia degli OGM, o gli interessi della Monsanto? Siamo stanchi di ripeterlo: il decreto interministeriale deve essere pubblicato subito e i due campi in Friuli decontaminati, senza perdere altro tempo” – conclude Ferrario.

 

Il decreto interministeriale concede alle Regioni diciotto mesi di tempo per definire le necessarie misure per assicurare la “coesistenza” tra mais tradizionale e mais OGM. Il briefing diffuso oggi da Greenpeace ricorda i rischi del MON810 e conferma che la “coesistenza” (una chimera che la stessa Commissione Europea sa perfettamente essere irrealizzabile) non può voler dire altro che gli OGM non hanno cittadinanza in un sistema agricolo come quello italiano che punta sulla qualità.

Fonte e foto: Greenpeace

Link:

[1] Briefing “MON810. Una storia di mais, farfalle e rischi inutili”:

http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/MON810-Una-storia-di-mais-farfalle-e-rischi-inutili/

 

Monsanto rinuncia alla coltivazione di nuovi OGM in Europa

Monsanto ha confermato che nei prossimi mesi ritirerà quasi tutte le richieste per la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) nell’Unione europea, a causa

dell’avversione dei cittadini verso queste colture. Greenpeace accoglie favorevolmente l’annuncio, ma ricorda che la società statunitense cercherà di continuare la vendita del suo controverso mais MON810, ultimo residuo delle coltivazioni OGM in Europa.

 

Monsanto aveva già annunciato a maggio scorso di voler riconsiderare le sue operazioni in Europa, a causa delle regolamentazioni severe e della mancanza di sostegno politico per le sue colture OGM. Attualmente, solo in Spagna ci sono coltivazioni non irrisorie (circa 100 mila ettari) di MON810. La propaganda di Monsanto per anni ha raccontato di coltivazioni anche in Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Romania, ma si tratta di superfici insignificanti.

 

“Questa è una buona notizia per la ricerca, gli agricoltori e i cittadini europei. Dopo venti anni di propaganda, Monsanto deve accettare che gli OGM sono tanto inefficaci quanto impopolari.” dichiara Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace.

 

Ogni settimana ci sono nuove prove degli effetti pericolosi sull’ambiente delle colture OGM, che consolidano la forte opposizione da parte di agricoltori, consumatori e governi: alla fine Monsanto dovrà ritirare anche il mais MON810. Questo passo potrebbe finalmente creare lo spazio necessario all’agricoltura e alla ricerca scientifica europea per concentrarsi su pratiche e tecnologie moderne che offrono reali progressi per la produzione alimentare, senza impattare negativamente sull’ambiente, la salute e sul sistema agricolo continentale.

 

Nel gennaio dello scorso anno, anche l’azienda chimica tedesca BASF ha annunciato il suo ritiro dal mercato Ue, sempre a causa dell’opposizione degli europei verso i prodotti OGM.

L’autorizzazione per la coltivazione del MON810 in Europa è scaduta da tempo e questo mais deve essere sottoposto a una nuova valutazione sulla sua sicurezza.

 

“L’annuncio di Monsanto dimostra ancora una volta che il divieto alla coltivazione del MON810 in Italia, siglato la scorsa settimana, era un atto dovuto e necessario. Adesso è urgente la decontaminazione dei due campi in Friuli seminati a giugno con mais OGM. Non c’è più tempo da perdere.” conclude Ferrario.

 

Fonte e foto: Greenpeace

Biancaneve in azione al Ministero della Salute, chi è il ministro più OGM del Reame?

Questa mattina attivisti di Greenpeace insieme a Biancaneve e la Strega Cattiva sono entrati in azione a Roma davanti alla sede di rappresentanza del ministero della Salute per chiedere al Ministro Lorenzin di firmare finalmente il decreto – pronto da tempo – per bloccare gli OGM a tutela della biodiversità e dell’agricoltura italiana. “Chi è il ministro più OGM del reame?” e “L’Italia non vuole OGM” sono i messaggi sugli striscioni aperti davanti al Ministero.

Il 15 giugno 2013 in Friuli è stato seminato mais OGM, il MON810 della Monsanto, e l’operazione rischia di essere ripetuta in altre Regioni. Nonostante dichiarazioni e proclami, ancora nessuno dei Ministri competenti ha adottato misure idonee a bloccare la contaminazione in corso e a vietare definitivamente la coltivazione di OGM in Italia.

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Sia il Senato che la Camera hanno firmato mozioni unitarie per impegnare il Governo a vietare la coltivazione di OGM. I Ministri De Girolamo, Orlando e Lorenzin sono le autorità in grado di procedere in materia. In particolare, sulla scrivania del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, sosta da settimane il dossier che permettere l’adozione di misure emergenziali per fermare queste semine.

“Il ministro Lorenzin vuole essere davvero la più OGM del reame? Sono già otto i Paesi europei (Austria, Francia, Germania, Lussemburgo, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Polonia) che hanno adottato il divieto alla coltivazione del mais MON810 della Monsanto. L’Italia, col suo patrimonio di biodiversità e tipicità non può più aspettare “. – afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace.

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In pochi giorni, attraverso il sito www.StopOgm.org, oltre 55 mila persone hanno inviato un messaggio chiaro al ministro della Salute: ferma gli OGM. Per farlo, al Ministro Lorenzin basta firmare il decreto che attiva le misure di emergenza contro il mais MON810, così da vietarne la coltivazione e tutelare il modello economico e sociale di sviluppo dell’agroalimentare italiano.

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Gli OGM in campo agroalimentare rimangono un mercato di nicchia, in gran parte limitato al continente americano. L’80 per cento circa delle colture OGM è limitata a quattro Paesi – Stati Uniti, Brasile, Argentina e Canada. In Europa le colture OGM non riescono a farsi strada. La Spagna è l’unico Paese dove persiste una vera e propria coltivazione di mais OGM, mentre l’agricoltura biologica è in costante aumento nel vecchio continente. Che cosa c’entrano gli OGM con il nostro modello di produzione agricola basata sulla tipicità e la qualità? Cosa c’entrano con la richiesta dei consumatori italiani che vogliono prodotti sani, che rispettino la nostra diversità?

Dopo 16 anni di commercializzazione, tre quarti delle colture OGM in campo sono progettate per essere tolleranti agli erbicidi prodotti dalle stesse aziende che le commercializzano. Gli OGM non incrementano le rese, ma l’uso di prodotti chimici e fanno aumentare i profitti e il controllo sul cibo di una manciata di multinazionali.

“Gli OGM e il tipo di agricoltura di stampo industriale che rappresentano costituiscono un rischio per ambiente e salute. Un modello che è estraneo al percorso scelto dalla parte migliore dell’agricoltura italiana. Fermarli è un obbligo”. – conclude Ferrario.

 

Fonte e foto: Greenpeace

Siamo a rischio contaminazione OGM in Italia

Siamo a rischio contaminazione OGM in Italia.

Firma ora per bloccare le coltivazioni OGM.

 

SCRIVI AL MINISTRO oggi abbiamo bisogno di te!

C’è un’emergenza OGM in corso.

Scrivendo ora al Ministro della Salute Lorenzin puoi aiutarci a scongiurare il rischio di contaminazione transgenica in Italia. La storia è questa: pochi giorni fa in Friuli un esponente del “Movimento Libertario” ha seminato in due campi mais transgenico della Monsanto, il MON810, e ora minaccia di ripetere l’operazione in altre Regioni. Non possiamo permettere che queste piante di mais OGM fioriscano perchè il loro polline contaminerebbe campi vicini e lontani, trasportato dal vento e dagli insetti.

 

La diffusione degli OGM sarebbe una condanna a morte per l’agricoltura italiana. Niente più aziende agricole biologiche e tradizionali, ma monopolio assoluto delle coltivazioni transgeniche. Gli effetti sugli ecosistemi sarebbero irreversibili: gli OGM sono organismi viventi e possono riprodursi e moltiplicarsi, sfuggendo a qualsiasi controllo.

 

Gli OGM fermano il progresso perché orientano la ricerca verso la direzione sbagliata: adattare gli organismi viventi alle esigenze della chimica. Il futuro dell’agricoltura è legato, invece, a una produzione alimentare sostenibile in armonia con l’ambiente e priva di residui chimici.

 

Per proteggere la biodiversità, i campi e la nostra sicurezza alimentare bisogna agire subito e bloccare la contaminazione OGM. Cosa puoi fare tu? Chiedi subito al Ministro della Salute Lorenzin di adottare misure di emergenza in grado di fermare la coltivazione di OGM.

 

Fonte e foto: Greenpeace